Che cos’è la Cannabis per uso terapeutico?
Il ricorso alla marijuana per uso terapeutico – o meglio, alla cannabis per uso terapeutico – è approvato in Italia già da diversi anni, benché il dibattito in quest’ambito continui a rimanere acceso suscitando opinioni contrastanti.
In verità, l’impiego della cannabis in campo medico risale ad un passato ben più lontano di quanto si possa immaginare. Basti pensare, infatti, che la prima documentazione in cui si cita la marijuana per uso terapeutico è rappresentata da testi medici cinesi risalenti a ben 3000 anni fa.
Ad ogni modo, alcune delle proprietà terapeutiche tradizionalmente ascritte alla marijuana dalla medicina popolare sono state ampiamente confermate da numerosi studi e prove cliniche, tant’è vero che si è arrivati ad approvarne l’impiego in terapia.
L’uso della marijuana o cannabis per la cura del dolore è diffuso e legalizzato in diversi Paesi ormai da moltissimo tempo. In Italia, invece, l’impiego della marijuana per contrastare il dolore è consentito dalla legge dal 2006.
Naturalmente, l’uso della cannabis per la cura del dolore è legale solo se questa sostanza è prescritta dal medico e solo se è prodotta dalle aziende preposte secondo rigorosi criteri disciplinati dalla legge.
In Italia, l’unico stabilimento autorizzato alla produzione della marijuana per la cura del dolore è il chimico-farmaceutico militare di Firenze.
Tuttavia, a fronte di una richiesta sempre maggiore di cannabis terapeutica, ad aprile 2022, l’Agenzia industrie difesa (Aid) ha pubblicato un avviso per raccogliere l’eventuale disponibilità e l’eventuale interesse di operatori economici privati a coltivare piante di cannabis per uso medico.
Quando si utilizza la Cannabis per uso terapeutico?
La marijuana per uso terapeutico (o cannabis a uso medico, che dir si voglia) trova impiego nei seguenti casi:
- Per indurre analgesia in caso di patologie che implicano spasticità associata a dolore (come , ad esmepio, la sclerosi multipla, le lesioni dle midollo spinale) e che sono resistenti ai trattamenti convenzionali.
- Per indurre analgesia in presenza di dolore cronico, in particolare di tipo neurogeno, quando il trattamento con FANS, corticosteroidi od oppioidi non si è rivelato efficace.
- Per indurre un effetto anticinetosico ed antiemetico in presenza di nausea e vomito indotti da chemioterapia, radioterapia, terapie farmacologiche contro HIV ed AIDS, quando non è possibile ottenere i medesimi effetti con terapie tradizionali.
- Per stimolare l’appetito in presenza di cachessia, anoressia e perdita dell’appetito nei pazienti affetti da AIDS, nei pazienti oncologici e nei pazienti affetti da anoressia nervosa.
- Per contrastare i movimenti involontari – corporei e facciali – nei pazienti affetti da sindrome di Tourette che non rispondono ai trattamenti standard.
- Per contrastare l’eccessiva pressione endooculare (effetto ipotensivo) nei pazienti affetti da glaucoma resistente ad altre terapie convenzionali.
Quali sono i principi attivi contenuti nella Cannabis per la Cura del Dolore?
I principi attivi di interesse medico-farmaceutico presenti all’interno della cannabis sono i cannabinoidi e, in particolare, il THC (o delta-9-tetraidrocannabinolo, un cannabinoide psicoattivo) e il CBD (cannabidiolo, un cannabinoide non psicoattivo).
Al THC sono imputate molte delle proprietà attribuite alla pianta, comprese quelle antidolorifiche che giustificano l’uso della marijuana per la cura del dolore. Il CBD, invece, è in grado di aumentare l’azione antidolorifica del THC e di prolungarne la durata d’azione, riducendone allo stesso tempo gli effetti collaterali, soprattutto quelli indotti a carico del tratto respiratorio e a livello cardiovascolare.
Dal momento che i cannabinoidi ritenuti importanti per l’effetto terapeutico sono THC e CBD, la marijuana per la cura del dolore impiegata in terapia dovrà essere titolata e standardizzata in questi principi attivi.
A questo proposito, ricordiamo che le varietà di marijuana che si possono impiegare in ambito medico sono molte, ognuna delle quali presenta un determinato contenuto di THC e di CBD.
In Italia sono disponibili:
- Dal 2016, il prodotto Cannabis FM2 contenente THC 5% – 8% e CBD 7,5% – 12%;
- Dal 2018, il prodotto Cannabis FM1 contenente THC 13% – 20% e CBD < 1%.
Come agiscono i principi attivi della Cannabis per la Cura del Dolore?
I principi attivi presenti nella cannabis per la cura del dolore sono in grado di esercitare la loro azione antidolorifica attraverso l’interazione con particolari recettori endogeni: i cosiddetti recettori per i cannabinoidi. Più nel dettaglio, tali recettori sono recettori di tipo inibitorio accoppiati a proteine G.
Attualmente, si conoscono due differenti sottotipi recettoriali: i recettori per i cannabinoidi di tipo 1 (CB1) e i recettori per i cannabinoidi di tipo 2 (CB2).
I recettori CB1 sono localizzati soprattutto nel midollo spinale, nel cervello e lungo le vie del dolore e sono implicati nella regolazione di diverse funzioni biologiche, compresa la trasmissione dello stimolo del dolore. Più precisamente, la loro attivazione dà origine ad una cascata di segnali che porta alla riduzione del segnale del dolore. I recettori CB2, invece, sono localizzati perlopiù in periferia e si ritiene siano coinvolti in attività immunomodulatorie.
I principi attivi della cannabis – in quanto cannabinoidi – sembrano esercitare la loro azione antidolorifica attraverso il legame con il recettore CB1 che porta all’attivazione dello stesso. Tuttavia, tale meccanismo d’azione è messo in discussione da alcuni studi secondo i quali l’azione antidolorifica sarebbe esercitata attraverso l’interazione del THC e del CBD con altri tipi di recettori.
La Cannabis per la Cura del Dolore è efficace?
La risposta alla domanda è sì. La cannabis per la cura del dolore si è dimostrata efficace nel ridurre gli stimoli dolorosi in numerosissimi studi, tant’è che il suo impiego in quest’ambito è stato ufficialmente riconosciuto dalla medicina e approvato dalla legge.
Tuttavia, è doveroso precisare che la cannabis si è rivelata utile solo nel trattamento del dolore cronico; mentre non ha prodotto i medesimi risultati positivi in caso di dolore acuto.
Come si assume la Cannabis per la Cura del Dolore?
La marijuana per la cura del dolore si può somministrare per via orale o per via inalatoria, attraverso differenti metodi. Tuttavia, con molta probabilità, il metodo di somministrazione maggiormente diffuso è rappresentato dall’assunzione del decotto ottenuto dalla bollitura delle infiorescenze della pianta in acqua. In alternativa, la cannabis per la cura del dolore può essere assunta attraverso il metodo della vaporizzazione che consiste nell’inserire la sostanza all’interno di un apposito vaporizzatore ad aria calda e filtrata e nell’inalarne i vapori.
Ad ogni modo, sarà il medico ad indicare a ciascun paziente il metodo di somministrazione attraverso il quale assumere la cannabis per la cura del dolore.
Quali effetti collaterali può provocare la Cannabis per la Cura del Dolore?
Generalmente, la cannabis per la cura del dolore sembra essere ben tollerata dalla maggior parte dei pazienti. Tuttavia, ciò non significa che essa non possa provocare effetti collaterali.
Difatti, analogamente a quanto avviene per qualsiasi altro farmaco, la cannabis ad uso medico può causare effetti indesiderati, anche se non tutti i pazienti li manifestano nello stesso modo e, in alcuni casi, potrebbero anche non mnaifestarsi affatto. I possibili effetti collaterali indotti dalla cannabis per la cura del dolore, infatti, possono variare in funzione di diversi fattori, come la durata del trattamento, la dose assunta, la via di somministrazione scelta e la sensibilità del paziente nei confronti del prodotto impiegato.